Una mia inversione a U innervosisce la polizia che, sospettosa, mi obbliga a fermarmi e mi apostrofa (m'engueule) con dei poco gentili "Merde" e "Putain", usati in realtà come intercalari, ma abbastanza trasparenti da lasciare i bambini allibiti. Siamo turisti, non terroristi. Tant pis, on va faire un détour. Torniamo indietro verso Saint-Germain e attendiamo pazienti a Saint-Michel che arrivi il nostro turno. Perché l'arrivo dei corridori in bicicletta è previsto per le 18, ma alle 12 è previsto l'arrivo delle corritrici: il Tour de France al femminile.
À mon tour, arrivo al carrefour dello Châtelet, davanti al bistrot con le panche di pelle verde su cui eravamo seduti ieri a pranzo, intenti a contare le altre DS 3, 4 e 5 che passavano. Più di 20 in un'ora: concludiamo che trattasi di vetture cittadine, un'alternativa chic alle cugine di campagna (Citroën C3, C4 e C5). La conferma l'avremo passando davanti al DS store, il primo negozio monomarca ad aver aperto, qui a Paris, dopo il lancio del marchio: eleganza in nero, con cordoni dai sostegni dorati all'accueil, come nelle grandi boutique del Triangle d'or sugli Champs-Elysées.
A naso, riesco a infilarmi in una stradina dietro rue st. Honoré: il tempo di sbirciare da una curva il passaggio di un fiume di ruote incalzate da applausi e clacson. Poi è la volta di Place de la République, col suo memoriale laico ai piedi della Marianne e gli alberi piantati in memoria delle vittime degli attentati di gennaio. Siamo già, enfin, nell'11o. Da rue Oberkampf raggiungiamo Avenue Parmentier per caricare il nostro compagno di viaggio.
Imboccata rue des Flandres, ci dirigiamo verso la A6. Prima di arrivare al confine, attraversiamo terre di cattedrali con le volte a ogiva, case coi tetti a spiovente, fitti boschi au bord de la route, il solito traffico ordinato, pannelli luminosi che invitano ironicamente alla concentrazione alla guida: "Un appel? La secretaire répond". Passata la terra dei géants, i grandi pupazzi che animano le feste popolari nelle città del nord, superiamo la frontiera quasi senza accorgercene: nessuna barriera, solo i cartelli che cambiano posizione e formato. Penso a un'altra frontiera invisibile che ogni volta mi colpisce, quando viaggiamo in autostrada verso il Brennero, destinazione vacanze sulla neve: i guardrail che cambiano colore. Perché in Trentino all'acciao zincato si preferisce l'acciaio Corten,
color marrone, più resistente alla ruggine, più simile al legno, di cui simula le nuance.
Anche in questo caso arriviamo in una terra bilingue dall'identità indecisa. Ma Bruxelles è un'isola nel cuore di un'Europa piena di crepe. Alle 8 di sera il sole è ancora alto.
Dopo aver parcheggiato sotto casa di Anne, nel cuore del quartiere art nouveau di Saint Gilles, avremo ancora tempo per sederci ai tavoli della Maison du Peuple, sul Parvis, e bere una birra offertaci da Frank, per poi andar a cercare le frites alla Barrière. Birra, patatine fritte, cioccolata da gourmet e retrouvailles con gli amici. Basta poco, certe volte, per sentirsi felici.
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