sabato 23 luglio 2016

Les bons plans

Gli amici parigini hanno sempre, per definizione, delle dritte da darti. Sono strateghi della pianificazione, dell'organizzazione, dell'emploi du temps. Sanno sempre qual è l'indirizzo incontournable, il nuovo locale branché, lo spettacolo à la une. E se il francese medio dà la sensazione voler tenere tutto per sé, indirizzi compresi, il parigino e la parigina sono sempre prodighi di buoni consigli. Poi "chacun a ses coins", e anch'io ho i miei: piccoli musei (come quello de la vie romantique, o il Jacquemart-André), vecchie librerie, mercerie e negozi di tessuti, profumerie artigianali, boulangerie da concorso, fioristi d'eccezione, bistrot e bouillon, cinema d'essai. Qui anch'io, caotica come sono, ritrovo i tempi e i modi di un art de vivre, un confort ambiant che - pur nell'esiguità degli interni, prolungati dalla terrasse dei café (il nostro dehors) - rimane un dato di partenza e di fatto. Perfino il cielo di zinco, che si confonde coi tetti, mi fa sentire bien dans ma peau.
Mi chiedo che cosa produca in me questo effetto. La bellezza artistica ("il y a toujours de belles choses par-là" - ci dice la sorvegliante del Louvre in risposta a una mia domanda infantile), il potere del jadis (le rose che non colsi nel Jardin du Palais Royal), la mia disponibilità di tempo e l'insouciance (data dalla vacanza, come un tempo dalla condizione di intéllo precaire), la quantità di merci desiderabili (l'ennesima petite robe noire, la cancelleria d'antan, gli oggetti di decorazione, gli outils da cucina, qualche breloque non troppo bling-bling, un inedito cappello).
"Nel loro mondo era normale desiderare sempre più di quanto si potesse acquistare" - scriveva  Perec nel romanzo Les choses (1965), mettendo a fuoco la relazione di complicità narcisistica che si crea nella coppia attraverso un "sistema di oggetti". Anticipando quanto ė oggi sotto gli occhi di tutti: gli oggetti di consumo (compresi i viaggi, gli animali da compagnia, in taluni casi perfino la prole) come alimento delle relazioni sentimentali e familiari, e le relazioni come quadro per il consumo di oggetti. Brutale? Forse. Ma è quanto vedo intorno a me: persone che lavorano duro, rimandando i grandi progetti al momento in cui potranno godere della meritata ricchezza; e quelli come Jérôme e Sylvie - come me anche - che vogliono vivere bene ora, godendo della propria libertà e di una relativa (magari solo presunta) indipendenza di pensiero.
E comunque. "Vous avez trouvé votre bonheur?" - mi chiede complice la commessa di Agnès B. "Oui, comme d'habitude", le rispondo con un sorriso, dirigendomi verso la cassa. I bambini, che ho allenato duramente a dire "Bonjour/Au revoir Monsieur/Madame" (il fondamento della politesse e la garanzia di rapporti sereni tra le generazioni), nonché a tenere aperta la porta dietro di sé quando si esce dai luoghi pubblici, questa volta fanno cilecca: il piccolo, stanco, chiude con un esilarante "Bonne nuit, à demain". E la pronuncia, più che da Marie-Chantal, è da 'gnora Marì.
Add'mà. Avvù sossì.



 

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