sabato 16 luglio 2016

Le auto del terrore

I fatti di Nizza ci obbligano a una sosta. E a una riflessione. Sulle modalità dell'attentato innanzitutto, che ha utilizzato un autoveicolo (un truck) lanciato a zigzag sulla folla festante, alla stregua di una falciatrice.
Gli autoveicoli imbottiti di tritolo sono una strategia consolidata del terrorismo di ogni colore e bandiera. Nella nostra memoria collettiva sono rimaste impresse anche immagini di macchine usate come bare, come la R4 di via Fani, o trasformate in strumento di martirio, come la Giulia di Pasolini a Ostia: delitti evocati dall'artista australiano William Kentridge nei suoi Trionfi e lamenti ricavati dalla "zella", la coltre di sporcizia che ricopre i muri del lungotevere, a Roma.
Questa volta, a Nice, è stato usato un mezzo pesante, in corsa lungo una zona pedonale, come veicolo di terrore e morte.
Che ci fosse il rischio di azioni terroristiche nel giorno della festa nazionale francese, quando ci si ammassa per assistere a parate o fuochi di artificio, o ci si attarda per il tradizionale ballo coi pompieri, era prevedibile. È il dove, il come, che ogni volta ci lascia interdetti.
Risale a poco tempo fa la lettura di un piccolo libro del filosofo francese Alain Badiou, di cui avevo in passato apprezzato un Elogio dell'amore. Anche questa volta il libro era sul bancone di Nicoletta, la mia amica libraia indipendente. Si intitola Il nostro male viene da più lontano. Pensare i massacri del 13 novembre.
C'è una tesi del libro che mi ha colpita, e che si può riassumere in questi termini: "La frustrazione del desiderio d'Occidente apre la strada alla pulsione di morte". Perché, al di là della dichiarata fede jihadista, gli attentatori sono spesso giovani di nazionalità europea cresciuti nelle banlieues, le periferie delle medie e grandi città, nel dilemma tra un'inclusione controversa (e spesso impossibile) nel dispositivo consumista e le vie di fuga offerte dall'adesione a ideologie mortifere.
Perché il modello francese di integrazione ha smesso di funzionare quando l'Occidente ha smesso di pensare che un altro mondo è possibile, per noi stessi e per i nostri figli, e quando la deindustrializzazione forsennata ha finito per emarginare i figli dei vecchi operai arrivati dalle ex-colonie africane: la racaille (feccia), come sprezzantemente li aveva definiti il Presidente Sarkozy durante le rivolte del 2005, che avevano visto migliaia di auto incendiate.
Perché nel nostro mondo si finisce per odiare ciò che non si può avere: libertà di costumi e di pensiero, ma anche - banalmente - uno stile di vita basato essenzialmente sul consumo e sul benessere. (Auto di lusso comprese).
Perché il camion ė entrato sulla Promenade des Anglais col pretesto di dover consegnare gelati. E l'hanno lasciato passare.

 
 

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