domenica 17 luglio 2016

Oziorinchi in giardino

"Esistono molti modi di scrivere un diario come questo. Comincio a diffidare delle descrizioni, e anche di quegli adattamenti spiritosi che trasformano l'avventura di ogni giorno in narrazione; mi piacerebbe scrivere non soltanto con l'occhio, ma con la mente; e scoprire la realtà delle cose al di là delle apparenze." Così scriveva Virginia Woolf nel 1908, aprendo il suo diario di viaggio in Italia.
Inevitabile pensare a lei entrando nel Giardino dell'artemisia, l'incantevole luogo che ci accoglie, nella vallata alle porte della Francia. Dall'alto di Gressan la vista domina Aosta, spaziando dai vigneti dell'azienda valdostana Les Crêtes fino al picco del Grand Combin.
Ma lo sguardo si posa (e riposa) anche negli immediati dintorni: nel verde del giardino all'inglese, disposto su terrazze pensate come "stanze": quella delle foglie, quella delle rose, quella delle erbacee perenni. È Cesare che lo cura, scegliendo ogni pianta con la passione e lo stile che ha messo anche nella decorazione degli interni di questa straordinaria chambre d'hôtes.
Ogni anno, dal non lontano castello di Masino e dai viaggi nella campagna inglese, arrivano nuove specie rare attentamente selezionate dal nostro ospite: rose antiche, una deinante cerulea, un'ortensia Annabelle, la digitale letea, una margherita spettinata appena scovata nel vivaio di Beth Chatto, a Colchester.
E tante specie diverse di Artemisia, ovviamente: l'erba di Artemide, pianta lunare dalle virtù medicinali, spirituali e profetiche, come rivela il Florario di Alfredo Cattabiani (sottotitolo: Miti, leggende e simboli delle piante). Usata anche come ingrediente per fare un amaro locale, il Genepì.
La casa contiene anche una straordinaria biblioteca sul giardinaggio. È qui che sfoglio il libro sul giardino di Virginia Woolf, che Cesare a Carmela hanno visitato quest'anno nel Sussex, durante il loro consueto viaggio in macchina oltre Manica. E poi lo straordinario libro illustrato del giardino, che raccoglie gli articoli scritti per l'Observer negli anni 40 e 50 dall'amica e corrispondente di Virginia: Vita Sackville-West. Un libro capace di evocare profumi: come quello della pianta dell'incenso, che ho lasciato crescere nel mio piccolo giardino-terrazzo sui tetti di Bologna.
"Nessuno potrebbe essere un giardiniere se non vivesse nella speranza" - scriveva Vita. Ogni rosa rifiorente, ogni edera rampicante, ogni pianta succulenta sono la testimonianza della passione spesa e della speranza che resta anche dopo la potatura dei rami secchi. Perché "il giardino è sempre una elementare e costante istituzione umana che, con vittoriosa tenacia, contro ogni ostacolo afferma la propria esistenza" (Rudolf Borchardt, Il giardiniere appassionato), ma sempre nella consapevolezza è l'accettazione del limite: "il giardino non è la natura, per quanto possa somigliarle".
Perfino i bambini trovano qui il loro bonheur: Carmela li porta fino alla casetta dello scrittore, a caccia di ragni ballerini. Ci mostra il bug hotel, un riparo costruito per gli insetti predatori del giardino (coccinelle, forbicine, crisope, vespe solitarie), fatto di materiali di recupero (fieno, pigne, canne, mattoni). Perché sono loro i più preziosi alleati alla lotta contro gli insetti che divorano le amate piante: afidi, cocciniglia, e soprattutto il temibile oziorinco (subito soprannominato lo zio rinco...).
Oziorinco: una parola così evocativa e misteriosa da scatenare subito la ricerca dei piccoli entomologi, una volta calato il sole, armati di pila. Dove passa l'oziorinco rimangono foglie smangiucchiate, di edera soprattutto. La caccia al coleottero è aperta. E si trasforma in gara, mentre noi chiacchieriamo intorno al tavolo, il bicchiere alla mano, dei nostri progetti grammatici passati e futuri. Perché Carmela è l'amica con cui ho diviso un'avventura editoriale imprevista e spossante. Eppure, visti da qui, a distanza, quegli sforzi trovano un loro posto, un senso retrospettivo e prospettivo insieme.
Come l'emicrania che mi assedia dopo la salita e la discesa troppo rapide al rifugio Torino, a quasi 3500 metri, grazie alla nuova meraviglia che collega Courmayeur alla vetta del Monte Bianco: la skyway, strada celeste e strada di ghiaccio insieme. Ascesa panoramica verso l'azzurro, l'aria rarefatta, il bianco delle nevi perenni di punta Helbronner. Ma varrebbe la pena salire anche solo per fermarsi alla prima stazione della funivia (sopra i 2000m) e visitare Saussurea: un giardino botanico ricavato dalla roccia che raccoglie specie alpine rare: dalla stella alpina al non-ti-scordar di me delle morene, il riccio di dama, e naturalmente la Saussurea, incontrata sul Monte Bianco dallo scienziato ed esploratore svizzero che a fine 700 organizzò la prima scalata al monte più alto d'Europa: Horace-Bénédicte de Saussure. Un antenato di Ferdinand, il linguista che il secolo dopo avrebbe dato avvio allo studio scientifico delle lingue, considerate come "sistemi".
Perché anche la lingua è un giardino.





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