lunedì 25 luglio 2016

Paris est une fête

Mentre noi risaliamo in macchina per lasciare Paris, la città si anima per accogliere l'arrivo del Tour de France. Le strade, la domenica mattina, sono vuote. Vivement dimanche è il titolo di un programma televisivo francese giunto al capolinea (l'equivalente del nostro Domenica in) che nessun parigino rimpiangerà. Solo taxi e bus e negozi ancora chiusi, oggi, mentre ci avviciniamo al Champ de Mars per una foto di rito con la Tour sullo sfondo. Al posto dei dos d'âne, in città ci sono i gendarmes couchés, dossi più stretti e insidiosi che obbligano a rallentare. Arrivati ai quai, una folla di gendarmi in carne e ossa cerca di deviare il traffico, senza preoccuparsi di regolarlo. Ponti chiusi dall'Alma al Louvre, a protezione del Tour. Così sperimentiamo il bouchon: il tappo, l'ingorgo. Spengo il navigatore impazzito, che insiste nell'indicarci varchi chiusi da camionette con vigili in uniforme e militari in assetto da guerra. Perché ogni festa, ormai, è diventata una minaccia alla sicurezza nazionale. Anche per scendere ieri a Paris plage, la spiaggia allestita come ogni anno (comme si de rien n'était) sulle rive del fiume, era obbligatorio superare i controlli di sicurezza, accettare di passeggiare sui quai, di giocare alla pétanque, di lanciarsi in una guinguette sotto lo sguardo di nerboruti in tenuta antisommossa.
Una mia inversione a U innervosisce la polizia che, sospettosa, mi obbliga a fermarmi e mi apostrofa (m'engueule) con dei poco gentili "Merde" e "Putain", usati in realtà come intercalari, ma abbastanza trasparenti da lasciare i bambini allibiti. Siamo turisti, non terroristi. Tant pis, on va faire un détour. Torniamo indietro verso Saint-Germain e attendiamo pazienti a Saint-Michel che arrivi il nostro turno. Perché l'arrivo dei corridori in bicicletta è previsto per le 18, ma alle 12 è previsto l'arrivo delle corritrici: il Tour de France al femminile.
À mon tour, arrivo al carrefour dello Châtelet, davanti al bistrot con le panche di pelle verde su cui eravamo seduti ieri a pranzo, intenti a contare le altre DS 3, 4 e 5 che passavano. Più di 20 in un'ora: concludiamo che trattasi di vetture cittadine, un'alternativa chic alle cugine di campagna (Citroën C3, C4 e C5). La conferma l'avremo passando davanti al DS store, il primo negozio monomarca ad aver aperto, qui a Paris, dopo il lancio del marchio: eleganza in nero, con cordoni dai sostegni dorati all'accueil, come nelle grandi boutique del Triangle d'or sugli Champs-Elysées.
A naso, riesco a infilarmi in una stradina dietro rue st. Honoré: il tempo di sbirciare da una curva il passaggio di un fiume di ruote incalzate da applausi e clacson. Poi è la volta di Place de la République, col suo memoriale laico ai piedi della Marianne e gli alberi piantati in memoria delle vittime degli attentati di gennaio. Siamo già, enfin, nell'11o. Da rue Oberkampf raggiungiamo Avenue Parmentier per caricare il nostro compagno di viaggio.
Imboccata rue des Flandres, ci dirigiamo verso la A6. Prima di arrivare al confine, attraversiamo terre di cattedrali con le volte a ogiva, case coi tetti a spiovente, fitti boschi au bord de la route, il solito traffico ordinato, pannelli luminosi che invitano ironicamente alla concentrazione alla guida: "Un appel? La secretaire répond". Passata la terra dei géants, i grandi pupazzi che animano le feste popolari nelle città del nord, superiamo la frontiera quasi senza accorgercene: nessuna barriera, solo i cartelli che cambiano posizione e formato. Penso a un'altra frontiera invisibile che ogni volta mi colpisce, quando viaggiamo in autostrada verso il Brennero, destinazione vacanze sulla neve: i guardrail che cambiano colore. Perché in Trentino all'acciao zincato si preferisce l'acciaio Corten,
color marrone, più resistente alla ruggine, più simile al legno, di cui simula le nuance.
Anche in questo caso arriviamo in una terra bilingue dall'identità indecisa. Ma Bruxelles è un'isola nel cuore di un'Europa piena di crepe. Alle 8 di sera il sole è ancora alto.
Dopo aver parcheggiato sotto casa di Anne, nel cuore del quartiere art nouveau di Saint Gilles, avremo ancora tempo per sederci ai tavoli della Maison du Peuple, sul Parvis, e bere una birra offertaci da Frank, per poi andar a cercare le frites alla Barrière. Birra, patatine fritte, cioccolata da gourmet e retrouvailles con gli amici. Basta poco, certe volte, per sentirsi felici.

 
 
 
 
 

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